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sabato 21 luglio 2007

SANTA MARIA MADDALENA

22 LUGLIO SANTA MARIA MADDALENA(Sec. I)Memoria



LETTURE: Ct 3,1-4a; Sal 62; Gv 20,1.11-18


Maria, oriunda di Magdala, in Galilea, si pose al servizio di Gesù dopo essere stata da lui guarita (Lc 82). Partecipò alla sepoltura del corpo del Signore e fu la prima a riconoscere il Risorto (Gv 20,11-18). Non vi sono che indizi assai tenui per identificarla con la peccatrice perdonata da Gesù in casa del fariseo (Lc 7,36-50) o con Maria sorella di Lazzaro e di Marta. La Chiesa orientale le ha sempre considerate e venerate distinte. La nuova liturgia delle ore ed eucaristica è tutta orientata a mostrare Maria di Magdala quale prima fortunata testimone della risurrezione di Cristo ai fratelli, inviata a loro da Cristo stesso (Gv 20,1-2.11-18).

Ardeva del desiderio di Cristo

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa(Om 25, 1-2. 4-5; PL 76, 1189-1193) Maria Maddalena, venuta al sepolcro, e non trovandovi il corpo del Signore, pensò che fosse stato portato via e riferì la cosa ai discepoli. Essi vennero a vedere, e si persuasero che le cose stavano proprio come la donna aveva detto. Di loro si afferma subito: «I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa»; poi si soggiunse: «Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva» (Gv 20, 10-11).In questo fatto dobbiamo considerare quanta forza d'amore aveva invaso l'anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. Cercava colui che non aveva trovato, piangeva in questa ricerca e, accesa di vivo amore per lui, ardeva di desiderio, pensando che fosse stato trasfigurato.Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell'opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della Verità: «Chi persevererà sino alla fine, sarà salvato» (Mt 10, 22).Cercò dunque una prima volta, ma non trovò, perseverò nel cercare, e le fu dato di trovare. Avvenne così che i desideri col protrarsi crescessero, e crescendo raggiungessero l'oggetto delle ricerche. I santi desideri crescono col protrarsi. Se invece nell'attesa si affievoliscono, è segno che non erano veri desideri.Ha provato questo ardente amore chiunque è riuscito a giungere alla verità. Così Davide che dice: «L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio?» (Sal 41, 3). E la Chiesa dice ancora nel Cantico de Cantici: Io sono ferita d'amore (cfr. Ct 4, 9). E di nuovo dice: L'anima mia è venuta meno (cfr. Ct 5, 6).«Donna perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20, 15). Le viene chiesta la causa del dolore, perché il desiderio cresca, e chiamando per nome colui che cerca, s'infiammi di più nell'amore di lui.«Gesù le disse: Maria!» (Gv 20, 16). Dopo che l`ha chiamata con l'appellativo generico del sesso senza essere riconosciuto, la chiama per nome come se volesse dire: Riconosci colui dal quale sei riconosciuta. Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale.Maria dunque, chiamata per nome, riconosce il Creatore e subito grida: «Rabbunì», cioè «Maestro»: era lui che ella cercava all'esterno, ed era ancora lui che la guidava interiormente nella ricerca.

lunedì 16 luglio 2007

Beata Vergine Maria del Monte Carmelo



LA MADONNA DEL CARMINE - 16 Luglio

Vedi il video

http://www.mondoarberesco.it/pallagorio/madonna_del_carmine.htm


Il titolo del Carmelo ricorda l'eredità spirituale di Elia profeta, come contemplativo e strenuo difensore dell'unico Dio di Israele. Sul monte Carmelo, nel secolo XII, si raccolsero alcuni eremiti nell'intento di dedicarsi giorno e notte alla lode di Dio sotto il patrocinio della beata Vergine Maria.

SCAPOLARE“Scapolare” viene da «scapola» e indica quell'indumento che presso molti istituti di monaci o frati nel Medio Evo ricopriva sia il petto che le spalle (in latino: scapulæ), dopo averlo infilato per la testa. Serviva generalmente per i tempi di lavoro, così da proteggere l'abito e non insudiciarlo. L'abito aveva però un significato soprattutto simbolico, significava il «giogo dolce» di Cristo (Mt 11, 29), così che abbandonare l'abito voleva dire sconfessare la disciplina monastica abbracciata, abdicare al servizio di Dio, mancare di fedeltà agli impegni assunti. Nell'ordine carmelitano - per le caratteristiche proprie di quest'ordine - lo scapolare assunse ben presto un significato mariano. Si racconta che, nel 1251, la Vergine apparve al generale dell'ordine san Simone Stock. San Simone supplicava spesso la Madonna di proteggere con qualche privilegio i frati che portavano il suo nome. Ogni giorno recitava devotamente questa preghiera:

«Fiore del Carmelo, vite feconda, splendore del cielo, Vergine pura, singolare; Madre fiorente, d'intatto onore, sempre clemente, dona un favore, Stella del Mare».

Un giorno mentre ripeteva questa preghiera con grande fervore, la beata Vergine gli apparve accompagnata da una moltitudine di angeli, tenendo in mano lo scapolare dell'ordine e gli disse:

«Questo è il privilegio che io concedo a te e a tutti i carmelitani: chiunque morirà con questo scapolare non patirà il fuoco eterno».

Ai devoti dello scapolare è raccomandata in modo speciale la recita del rosario, come colloquio giornaliero con la propria Signora e Sorella e come incontro d'amore con lei nella preghiera. A Fatima le apparizioni si conclusero con la visione della Madonna del Carmelo. Lucia, fattasi poi carmelitana scalza, disse che nel messaggio della Madonna «il rosario e lo scapolare sono inseparabili».

http://www.chiesadelcarmine.it/novita_1009.htm

domenica 15 luglio 2007

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C

Il Vangelo di oggi ci dice:

Vangelo Lc 10, 25-37 Chi è il mio prossimo?

Mi piace accostarlo a San Bonaventura, del quale si celebra la memoria oggi, che ci parla della
La mistica sapienza rivelata mediante lo Spirito Santo

Ecco quando e solo quando accogliamo in noi lo Spirito Santo, siamo in grado di rispondere al Vangelo di oggi.

15 LUGLIO
SAN BONAVENTURA Vescovo e Dottore della Chiesa(1218-1274) Memoria

LETTURE: Sir 15,1-6; Sal 118; Mt 5,13-16

Giovanni Fidanza era nato a Bagnoregio (Viterbo) nel 1218. Bam­bino fu guarito da san Francesco, che avrebbe esclamato: « Oh bona Ventura »: gli rimase per nome, ed egli fu davvero una « buona Ventura » per la Chiesa. Volle farsi francescano, studiò filosofia e teologia a Parigi e vi fu a lungo professore. Eletto superiore generale del suo ordine, l’organizzò e diresse saggiamente, tanto da esserne chiamato: «secondo fondatore e padre»; infatti, Francesco non aveva lasciato alcuna precisa costituzione. Per averlo vicino a Roma, il Papa lo nominò vescovo di Albano e cardinale, incaricandolo di preparare il Concilio Ecumenico di Lione II per l’unione dei cristiani Latini e Greci. La sua teologia, agostiniana di mente e di spirito, e fortemente cristocentrica, lo rendeva capace di capire profondamente la teologia orientale. Aperto il Concilio il 7 maggio 1274, si giunse il 28 giugno a un accordo per l’unione (purtroppo rotto in seguito); ma il 15 luglio Bonaventura moriva, assistito dal papa Gregorio X. Pochi mesi prima era morto san Tommaso d’Aquino, di cui era amicissimo.Bonaventura era uomo di azione e di governo, pratico e speculativo, ricco di equilibrato sentimento e simpaticamente «umano». Vedeva un fondamentale accordo fra le arti, le scienze, la filosofia, la teologia, la storia. Raramente scienza e fede s’erano viste tanto armonizzate in un uomo, e soprattutto così animate dall’amore; era un grande contemplativo, un mistico. Per questo è stato onorato dei titolo di «Dottore serafico».

La mistica sapienza rivelata mediante lo Spirito Santo
Dall'opuscolo «Itinerario della mente a Dio» di san Bonaventura, vescovo(Cap. 7, 1. 2. 4. 6; Opera omnia, 5, 312-313). Cristo è la via e la porta. Cristo è la scala e il veicolo. E' il propiziatorio collocato sopra l'arca di Dio (cfr. Es 26, 34). E' «il mistero nascosto da secoli» (Ef 3, 9). Chi si rivolge a questo propiziatorio con dedizione assoluta, e fissa lo sguardo sul crocifisso Signore mediante la fede, la speranza, la carità, la devozione, l'ammirazione, l'esultanza, la stima, la lode e il giubilo del cuore, fa con lui la Pasqua, cioè il passaggio; attraversa con la verga della croce il Mare Rosso, uscendo dall'Egitto per inoltrarsi nel deserto. Qui gusta la manna nascosta, riposa con Cristo nella tomba come morto esteriormente, ma sente, tuttavia, per quanto lo consenta la condizione di viatori, ciò che in croce fu detto al buon ladrone, tanto vicino a Cristo con l'amore: «Oggi sarai con me nel paradiso!» (Lc 23, 43).Ma perché questo passaggio sia perfetto, è necessario che, sospesa l'attività intellettuale, ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio.E' questo un fatto mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo, che Cristo ha portato in terra. Ecco perché l'Apostolo afferma che questa mistica sapienza è rivelata dallo Spirito Santo.Se poi vuoi sapere come avvenga tutto ciò, interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l'intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l'uomo, la caligine non la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l'essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più ardenti.Ora questo fuoco è Dio e questa fornace si trova nella santa Gerusalemme; ed è Cristo che li accende col calore della sua ardentissima passione. Lo può percepire solo colui che dice: L'anima mia ha preferito essere sospesa in croce e le mie ossa hanno prescelto la morte! (cfr. Gb 7, 15).Chi ama tale morte, può vedere Dio, perché rimane pur vero che: «Nessun uomo può vedermi e restar vivo» (Es 33, 20). Moriamo dunque ed entriamo in questa caligine; facciamo tacere le sollecitudini, le concupiscenze e le fantasie. Passiamo con Cristo crocifisso, «da questo mondo al Padre», perché, dopo averlo visto, possiamo dire con Filippo: «Questo ci basta» (Gv 14, 8); ascoltiamo con Paolo: «Ti basta la mia grazia» (2 Cor 12, 9); rallegriamoci con Davide, dicendo: «Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre» (Sal 72, 26). «Benedetto il Signore, Dio d'Israele, da sempre, per sempre. Tutto il popolo dica: Amen» (Sal 105, 48).


Amen.

giovedì 12 luglio 2007

Didaché



Volto di Cristo, da un affresco della grotta di San Michele
(Monte Sant'Angelo FG)
La Didaché è uno scritto antichissimo: è stata scritta verso il 50 dopo Cristo, quasi in contemporanea con i Vangeli di Matteo, Marco e Luca, certamente da qualcuno che aveva seguito le predicazioni di Gesù Cristo. E’ una sorta di compendio dei precetti insegnati da Cristo e contiene in sintesi tutti i principi trasmessi dall’Antico e dal Nuovo Testamento.
E’ l’esaltazione della semplicità: con un linguaggio estremamente lineare ed in pochissimi tratti passa dalla Genesi all’Apocalisse, cioè dall’inizio della vita caratterizzata dal dono di Dio che è la libertà al ritorno di Cristo che è misericordia e giustizia.
Ci fa vedere quale era il vero spirito dei cristiani delle primissime comunità, dandoci la possibilità di assimilarci ad essi, semplicemente seguendo i suoi essenziali insegnamenti.
Ci riporta con spirito semplice alla forza dei grandi Cristiani di tutti i tempi, ai Santi, dai primi martiri a Sant'Agostino, a San Francesco, a Santa Teresa di Lisieux, a San Massimiliano Kolbe, a Madre Teresa di Calcutta.

giovedì 5 luglio 2007

L'AMORE DI GESU'

L'AMORE DI GESU'
Padre Alberto Pacini





Vorrei farvi puntare lo sguardo su Gesù crocifisso. Ecco ho portato il crocifisso così possiamo puntare lo sguardo proprio su Gesù.
Leggiamo, meditandolo e pensando a quello che Gesù ha fatto per noi il testo in Fil 2, 6-11:
Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
Ecco che cosa il Signore ci ha dato come segno e come sigillo del suo amore: la morte sulla croce del suo Figlio. E come in Adamo noi abbiamo peccato per un atto di superbia, per un atto di indipendenza, per un atto nel quale abbiamo creduto di essere capaci di fare a meno di Dio, ecco che il Signore in Gesù ci insegna la vera ubbidienza. L’uomo ha bisogno di riscoprire proprio questa virtù dell’ubbidienza, dell’umiltà e della sottomissione. Ed è quella che Gesù ha voluto incarnare su di sé in questo gesto di dare la sua vita per la nostra liberazione. Gesù ha preso tutta la nostra umanità. Tutta. Tutta la nostra umanità fatta di ribellione, fatta di superbia, fatta di sofferenza, di dolore, fatta di ingiustizie subite e fatte subire, e ha portato tutto sulla croce.
Gesù non considerò la sua uguaglianza con Dio, l’essere Dio, un tesoro da custodire gelosamente. Pensiamo invece quanto noi vogliamo custodire gelosamente la nostra personalità, il nostro buon nome, la nostra fama. Gesù ha preso tutto questo e lo ha inchiodato sulla croce: il suo buon nome, la sua fama, la sua dignità. Ha spogliato se stesso. Lui, Dio infinito, si è umiliato morendo sulla croce. E’ questo il segno dell’amore di Dio, questa è la firma dell’amore di Dio. Dio avrebbe potuto fare tranquillamente tutto senza coinvolgerci, ma Dio non farà nulla nella tua vita se tu non gli apri il cuore. Colui che ti ha creato senza di te non farà nulla per salvarti senza di te. Allora il Signore ha chiesto la risposta dell’uomo per la nostra salvezza, e gli ha dato un volto umano, lo ha dato al suo Figlio.
Certamente l’uomo da sé non avrebbe mai potuto accettare questo annientamento, ed ecco che allora Dio ha preso l’iniziativa. Dal momento che la nostra fragilità umana ci impediva di ritornare a Dio, è Lui che è entrato nella nostra umanità di peccato, di fragilità, di nulla e si è annientato. E ha preso la nostra umanità su di sé. In questo modo non soltanto Gesù ha fatto tutto per noi, quello che noi non avremmo mai potuto fare, ma ci ha anche dato un esempio, perché anche noi possiamo seguire quella strada. Perché soltanto quella è la strada della vittoria. Questa immagine scandalosa della morte e dell’annientamento è in realtà la vittoria di Dio. Gesù ci insegna proprio questo, questo amore, e ci manifesta l’amore del Padre.
Lc 22, 39-46:
Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
Non è stato certamente facile per Gesù. Noi spesso diciamo: “ma Gesù era Figlio di Dio, e allora ha potuto fare queste cose, ha potuto morire sulla croce per noi”. Ci dimentichiamo che era uomo, oltre che Dio. Il momento doloroso della croce, il momento che preparava quell’evento della croce lo ha vissuto in pieno, come noi viviamo pienamente tutta la nostra sofferenza. Lo ha vissuto in pieno. Padre, se vuoi, allontana da me questo calice; però non la mia volontà, ma la tua volontà sia fatta. Gesù non era un superuomo, il quale alla Rambo sfida gagliardamente il pericolo e si disinteressa del pericolo in maniera quasi pazza, ma è un uomo profondamente consapevole del dramma di quell’istante. E’ un uomo profondamente uomo, veramente uomo, come noi, in tutto eccetto nel peccato. Ecco perché la sua risposta. Gesù era consapevole, aveva visto tante volte che cosa significasse morire sulla croce. Sapeva quale tipo di sofferenza sarebbe stato morire sulla croce. Ne ha visti tanti agonizzare sulla croce. Talvolta venivano addirittura divorati dalle belve mentre pendevano dalle croci. E sapeva anche che ci sarebbe stato qualche carico ulteriore per lui, perché le potenze del demonio si sarebbero scagliate con una ferocia incredibile su di lui, come di fatto è stato. E siccome Gesù conosceva le scritture, sapeva benissimo dal canto del servo sofferente che non avrebbe avuto più neanche l’aspetto di un uomo, per quanto sarebbe stato sfigurato dai colpi, dalla flagellazione e dalla sofferenza. E anche la sua dignità sarebbe stata completamente calpestata, tutta. Quindi Gesù sapeva benissimo a cosa sarebbe andato incontro. E pur sapendo questo non ha voluto scappare, non ha voluto sfuggire a niente. Ha voluto assaporare tutto. E quando gli hanno offerto da bere l’aloe (l’aloe era una leggera droga che lasciava un certo intontimento) ha rifiutato perché non voleva essere drogato: non voleva non assaporare tutta la sofferenza della croce. Quindi ha voluto essere consapevole fino all’ultimo istante della sua vita. E quella croce che portava, la portava soltanto per amore.
Gesù è la firma di Dio, è il segno, il marchio a fuoco che Dio ha impresso sulla nostra umanità. Dio non soltanto non si è vergognato, non ha avuto ribrezzo della nostra umanità, ma l’ha presa e l’ha ripresa in pieno. Noi siamo figli adottivi, perché il Padre, dopo averci creati a sua immagine e somiglianza, ha riadottato in Gesù noi che ci eravamo allontanati da Lui. E c’è molto più amore in un figlio che viene adottato che non nel figlio del proprio sangue. Ci vuole molto più amore per adottare un figlio, perché non è un figlio che viene dal tuo sangue. Colui che viene dal tuo sangue, colui che viene da te lo ami naturalmente, perché viene da te. Ma colui che tu vai ad adottare e a prendere da un’altra parte richiede molto più amore, perché nel momento in cui magari ti farà disperare non potrai dire: sei sangue del mio sangue. S. Paolo ci parla di figli adottivi proprio per farci capire questo: il Signore ci è andato a cercare dove ci eravamo smarriti e ci ha adottati, riadottati, ripresi nella sua casa. Ha messo tutto l’amore possibile per riprenderci dopo che l’abbiamo rifiutato, rigettato. Gesù è questa strada della riadozione della nostra umanità. Gesù è quest’incontro fra Dio e noi, che ci siamo allontanati da Dio.
Gv 19, 1-3.17.25-30
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi... Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota... Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò.
Sono le fasi significative di questa morte sulla croce di Gesù. Gesù muore. Non soltanto in lui non c’è nessuna reazione di ribellione, ma c’è soltanto desiderio di compiere questo disegno d’amore del Padre. Finalmente tutto è compiuto. E chinato il capo rese lo Spirito. In quel momento, quando finalmente tutto è stato compiuto, può dare il dono del suo Spirito. Nel morire Giovanni vede il segno del suo donare lo Spirito: rese lo Spirito. Il Signore in quel suo gesto di amore finale, quello di morire sulla croce, ci dà il suo amore, ce lo dà, lo comunica, anche fisicamente. Giovanni davanti alla croce vede Gesù che esala l’ultimo respiro, e Gesù ricompie quel gesto quando riappare risorto ai suoi apostoli la sera del sabato, alita su di loro e dice: ricevete lo Spirito Santo. Giovanni vede quel gesto e capisce che questo amore di Gesù si compie in pienezza quando Lui ci dona il suo Spirito. E lo fa nel momento in cui muore sulla croce. Muore per compiere in tutto la volontà del Padre. Allora il Signore Gesù fa tutti quei passi che nessuno di noi avrebbe mai potuto fare, per darci la salvezza e per darci la forza di compiere la volontà del Padre. Il Signore Gesù ci ha quindi offerto la salvezza.
Ef 2, 4-10:
Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo.
Dio da ricco di misericordia qual era, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per il peccato ci ha fatto rivivere in Cristo. E’ un gesto soltanto dell’amore di Dio, un gesto totalmente gratuito quello di farci rivivere in Cristo, perché noi eravamo morti a causa del peccato. Era morta in noi quella dignità di figli di Dio, era morta la capacità di chiamare Dio: “Padre”. L’amore di Dio non poteva tollerare questo e quindi il Signore in Gesù ci ha ridato la vita, da ricco di misericordia qual era.
Attenzione, è importante una cosa: che siamo salvi per grazia. Siamo stati salvati soltanto per dono gratuito di Dio. Non ci sono opere buone che noi possiamo fare per meritare la salvezza. Ce lo dice S. Paolo molto chiaramente, quando dice: per questa grazia siete salvi, mediante la fede e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio, né dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Io sono bravo, allora Dio mi ama; io faccio le opere buone, perciò Dio mi ama. Sbagliato! Totalmente sbagliato! Io faccio le opere buone solo perché Dio prima mi ha amato. E’ Dio che ha disposto le mie opere buone perché io le facessi. Dice S. Paolo nell’ultimo versetto: siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo. E’ esattamente l’opposto di quello che si insegnava un po’ di tempo fa: tu fai il buono così Dio ti ama. Sbagliato! Non è vero! Nessuno può fare il buono per farsi amare da Dio. Nessuno ci può riuscire. Nessuno può fare un singolo passo verso la salvezza. E’ un dono gratuito di Dio.
Se tu compi delle opere buone, siine grato a Dio, non montare in superbia, perché le puoi fare solo perché Dio ha avuto misericordia di te. Tu ti salverai solo perché Dio ti ama, solo perché Dio gratuitamente ti elargisce il suo amore. Tu puoi procedere in avanti nel cammino della virtù, nel cammino della salvezza, solo perché Dio ti sta chiamando. Noi siamo qui questa sera, non perché ci siamo impegnati, perché siamo stati bravi a venire qui, ma soltanto perché Dio ci ha invitato, soltanto perché Dio ha disposto tutto perché noi arrivassimo qua, soltanto perché Dio ci sta concedendo la grazia di essere qua. Rovesciamo le prospettive, perché nessuno di noi monti in superbia. Siamo salvati per dono e per grazia di Dio. Continuiamo ad esistere e non siamo dannati solo perché Dio ha misericordia di noi e si accorge che nel nostro limite, nella nostra fragilità non possiamo fare assolutamente nulla di buono per ottenere la salvezza.
Se pensiamo diversamente è per ignoranza, è per inganno satanico: Satana è un grande bugiardo, è il menzognero che ci inganna, ci chiude gli occhi. Ha ingannato Adamo e inganna continuamente anche noi. Se nonostante questo inganno straordinariamente forte e prepotente noi continuiamo a compiere opere buone è solo perché Dio ci ama, solo perché il suo amore è molto più forte dell’inganno satanico, solo perché il suo amore è più forte della nostra superbia, solo perché il suo amore è più forte della nostra ribellione. E nel momento in cui cadiamo è soltanto perché Dio ci fa vedere che cosa noi siamo in grado di fare con le nostre forze. Nel momento in cui diciamo: io ce la voglio fare per conto mio, è esattamente quello il momento in cui caschiamo per terra. Nel momento in cui ci rivolgiamo a Gesù, ecco che il Signore ci tira fuori dal fango, ecco che il Signore ci libera dalla schiavitù. Allora impariamo a rivolgerci a Gesù istante per istante della nostra vita, perché non c’è altra speranza. Non possiamo farcela da soli.
1 Gv 1, 8-10:
Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.
E’ un altro passo importante: se diciamo che siamo senza peccato inganniamo noi stessi: guarda come sono bravo, guarda come riesco a fare il bravo, come riesco a fare a meno di Dio. Già sei fuori strada, sei nell’inganno: inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Nel momento in cui riconosciamo i nostri peccati, in quel momento il Signore ci può salvare, in quel momento il Signore può agire in noi. E’ questo il senso di quell’altra parola in cui il Signore dice: mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui. Il tuo avversario chi è? Satana. Mettiti d’accordo con lui. Satana è colui che accusa gli eletti di Dio davanti a Dio giorno e notte, e li accusa a ragione. Satana nell’accusarci ha ragione, perché è lui che causa, che istiga i nostri peccati. Nel momento in cui diciamo: no, non è vero quello che dici, allora facciamo di Gesù un ingannatore, perché è Satana che ha causato i nostri peccati, è Satana che ci ha ingannati. Nel momento in cui riconosciamo che lui ci ha fatto cadere, quindi riconosciamo il nostro peccato, allora Gesù può fare qualche cosa per noi. Se riconosciamo i nostri peccati, Egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati.
Abbiamo un avvocato presso il Padre: Cristo Gesù, il quale intercede per noi. Quindi nel momento in cui noi riconosciamo il nostro peccato e chiediamo la misericordia, ecco che Gesù può agire e intercede per noi presso il Padre, può difenderci. Se tu non racconti la verità al tuo avvocato, in tribunale non potrà fare gran cosa; se dici le bugie al tuo avvocato, ti sei messo nei guai da solo. Allora riconosci il tuo peccato, sii sincero con il Signore Gesù. Riconosci il tuo peccato e Gesù potrà difenderti, Gesù potrà combattere efficacemente l’accusatore, Satana. Gesù è colui che ci ottiene la salvezza, colui che ci difende, colui che intercede per noi, colui che con il dono del suo Spirito ci dà modo di seguirlo. Vedete che è tutta iniziativa di Dio. Da parte nostra c’è soltanto di dire: si, di essere sinceri, aperti.
Ap 3,20:
Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.
Allora da parte nostra c’è soltanto questo da fare: aprire la porta al Signore. Il Signore non ci chiede di fare dei passi verso di lui, perché sa che non lo possiamo fare; ci chiede solo di aprire la porta del nostro cuore. Il Papa ci disse: spalancate le porte a Cristo. Dobbiamo fare solo questo, non dobbiamo fare altro: aprire la porta del nostro cuore all’amore di Dio.
Mt 19, 25-26:
A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?». E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Nessuno di noi si può salvare da solo. Nessuno. L’uomo non può fare nulla in ordine a ottenere la salvezza, non può fare nulla. Non possiamo fare nulla per ottenere per noi stessi la salvezza. E’ dono gratuito di Dio. Gratuito. Il Signore ha le mani piene di doni verso di noi, regali gratuiti. Non dobbiamo guadagnarceli, non dobbiamo pagare niente per averli, sono là gratuiti. Semplicemente dobbiamo attingere a questo doni che Dio ci dà assolutamente gratuitamente. Nessuno può guadagnarsi la salvezza, nessuno si può salvare. E’ Dio che dà la salvezza, perché ti ama.
Ecco perché il Signore aspetta pazientemente, chissà quanti anni, che il malvagio continui a compiere opere malvagie. Ma perché non lo fulmina? Ma non hai capito che lo ama? E non hai capito che ama anche te, con tutta la tua malvagità. Non crederai mica di essere meglio dell’altro, soltanto perché non vedi i tuoi peccati? Ricordatevi la famosa favola che diceva che noi siamo stati creati da Dio avendo due sacchetti, uno davanti con i difetti degli altri e uno di dietro con i nostri difetti. Ecco perché vediamo tutti i difetti degli altri e li possiamo anche criticare, mentre non vediamo i nostri difetti dentro al sacchetto che abbiamo sulla schiena. Allora non ti accorgi dei tuoi difetti, ma ce n’è, e quanti! E forse non ti basta un sacchetto, ci vuole un carretto per portarli appresso. Ma non te ne accorgi. Allora non guardare all’altro.
In Kenya si dice che quando punti il dito verso uno, ce ne hai tre che puntano verso di te. Che cosa vuole dire questo? Vuole dire che il Signore ama il peccatore e gli dà tempo. E più sei peccatore più ti darà tempo. Ma non lo sprecare questo tempo, non sfidare la misericordia di Dio. Ecco perché sembra che il giusto abbia una vita più breve. A volte è così: se leggiamo il libro della Sapienza (cap. 3), il Signore ci dice proprio questo, che appena il giusto è arrivato alla perfezione, lo coglie perché non si contamini stando in mezzo agli empi. Ecco perché le persone “buone” campano di meno, la loro vita è più breve. Più si è santi e più la vita è breve. Perché il Signore ti ha dato quella perfezione, quella maturità che ti permette di entrare nella vita eterna. Il peccatore ha una vita lunga e se potesse campare 150.000 anni, il Signore glieli farebbe campare tutti, pur di ottenergli la salvezza, perché Dio ci ama. Dio ci ama e vuole salvare tutti. Se cominciasse a fulminare quelli che non lo seguono, che commettono peccati, la terra sarebbe spopolata, deserta, a cominciare dai presenti, me per primo. Quindi è soltanto la sua misericordia, il suo amore che ci dà modo di essere salvati. Ed è Gesù che intercede.
Ricordiamoci la parabola del padrone del campo e del fico sterile: il padrone del campo dice al suo fattore: ma taglia quest’albero, perché deve sfruttare il terreno? E il fattore gli risponde: abbi pazienza ancora un anno. Questo è Gesù che intercede per noi presso il Padre e dice: abbi pazienza ancora un anno affinché zappi intorno, lo concimi e finalmente porterà frutto. Forse il prossimo anno... e forse questo prossimo anno non arriva, neanche tra dieci anni, neanche tra cinquant’anni. Ma Gesù continua a lavorare il terreno della nostra vita perché possiamo trovare almeno un frutticino piccolo così, per avere la vita eterna. Perché il Signore ci vuole salvare a tutti i costi. La nostra vita è preziosa agli occhi di Dio. Il Signore ci ama uno per uno.
Col 2, 12-14:
Con lui siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l'incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce;
Noi eravamo condannati e c’era il documento della nostra condanna, ma Gesù ha preso questo documento della nostra condanna e lo ha inchiodato sulla croce. Ecco che cosa ha fatto il Signore in Gesù. Quindi in Gesù noi abbiamo il volto misericordioso di Dio, il volto dell’amore di Dio. Avremmo potuto sentirci dire: io ti amo, ma nel momento in cui il Signore ci mostra la misura del suo amore nella morte di Gesù questa parola è visibile, ed è ancora più credibile: la vediamo. Vediamo in Gesù quanto Dio ci ama. Allora vogliamo ringraziare il Signore quest’oggi proprio per questo amore gratuito che Gesù ci ha dato, che Gesù ci ha offerto. Vogliamo ringraziare il Padre perché in Gesù noi siamo salvati. Signore Gesù ti ringraziamo per il tuo amore, nella tua infinita dignità di Figlio di Dio hai preso la nostra umanità, ci hai dato tutto e hai fatto tutto perché noi potessimo essere salvati. Signore Gesù, apri il nostro cuore perché nella nostra durezza possiamo accogliere la tua bontà misericordiosa, possiamo ricevere il dono del tuo Santo Spirito ed essere salvati, tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

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